CASTELVETRO (Modena) – C’è profumo di calzagatti a Castelvetro in questa gelida serata di dicembre, con il centro storico che si anima delle mille luci di Natale.
Siamo a Castelvetro, grazioso paese sulle prime colline modenesi. Le strade pavimentate di ciotoli racchiudono secoli di storia e tra le mura antiche nei vicoli si respirano le fragranze dell’aceto balsamico tradizionale di Modena.
La torre dell’orologio, il palazzo comunale e piazza Roma, meglio conosciuta come la Piazza della Dama, sono deserti. Non lo sono i tanti ristoranti che si aprono sulle centralissime Via Cialdini e Torquato Tasso.
Cena a L’Eglise
C’è l’imbarazzo della scelta. Propendo per L’Eglise Cafè, ristorante ed enoteca, dove, insieme al menù consolidato, c’è sempre qualcosa di nuovo, di insolito, di irresistibilmente goloso e legato alla tradizione.
Anche l’arredamento è del tutto particolare, insolito. Innumerevoli oggetti curiosi, tavoli e sedie diversi tra loro, sono variamente assortiti. Il risultato appare incredibilmente armonioso, a tratti simpatico.
Questa sera lo chef propone fuori menù una crema di fagioli, derivando dalla tradizione della pasta e fagioli un gustoso piatto invernale Di seguito propendo per i calzagatti, che l’Eglise propone come antipasto, ma che io scelgo come secondo. Il profumo dei calzagatti riporta alla mente le antiche ricette della nonna.
Cosa sono i calzagatti
I calzagatti sono un piatto tipico, risalente a quando nella zona la polenta era l’alimento principale. La polenta da sola però riusciva a colmare i morsi della fame, riempiva lo stomaco, ma non dava un apporto calorico adeguato. Per questo nacquero i calzagatti o “chelzagatt”. Si tratta di polenta impastata con i fagioli lessati. La tradizione popolare vuole sia il risultato della disattenzione di una cameriera maldestra,che fece inavvertitamente cadere un piatto di fagioli nel paiolo dove stava cuocendo la farina di granoturco. Temendo i rimproveri della padrona di casa, la domestica presentò il piatto come una nuova ricetta. Ebbe così un successo di cui ancora oggi apprezziamo il risultato.
Miria Burani ©