IL PARADISO – In pratica, il Paradiso è ciò che la natura ha creato in autogestione, durante i numerosi anni in cui questo terreno, precedentemente coltivato dall’uomo era stato abbandonato, ecco in pratica una food forest.
Fin da subito avevo deciso che avrei lasciato tutto immutato, procedendo poi per gradi, cercando di conoscere i diversi angoli, ed eventualmente cercando di integrare qua e là con altre piante, altri arbusti.
Era finalmente chiaro cosa dovesse diventare quel pezzo di terra che avevo chiamato Paradiso.
Infatti, avevo letto, approfondito, ascoltato esperti ed ora sapevo che il Paradiso doveva essere quello che i seguaci dell’agricoltura naturale chiamano “food forest”, perchè in pratica, in qualche modo, una foresta alimentare lo era già. Non avrei potuto fare di più.
Una Food Forest è un’area dove le coltivazioni sono diverse e con diverse funzioni, con piante da frutto e alberi da legno, con erbe officinali spontanee e arbusti di fiori e bacche, ma anche ortaggi e altro ancora.
Lo ammetto: i miei propositi era confortati anche da una situazione di comodo, perchè non sono un agricoltore e non ho le competenze per farlo. Una Food Forest è infatti un ambiente a bassa manutenzione e si basa sulla creazione di ecosistemi naturali stabili ed autofertili. Per di più sono maggiormente avvezza allo studio teorico piuttosto che allo sforzo fisico.
Anche per questo ho iniziato a cercare risposte alle mie domande e questa volta ho incontrato Robert A. de J. Hart e il suo “Forest Gardening”.
Lo stesso Hart, che aveva iniziato nel 1970 a costruire la sua Food Forest in Inghilterra, spiegava i principi di questo sistema di coltivazione, forte della sua esperienza “sul campo” e indicava sette livelli di coltivazione naturale:
- Alberi ad alto fusto
- Alberi a medio fusto
- Arbusti
- Erbacee
- Rizomatose e tuberose
- Tappezzanti
- Rampicanti
Questo mi ricordava qualcosa: i frutticoltori della Valle del Panaro a Vignola praticavano comunemente da secoli qualcosa di simile. Avevo fatto una ricerca in tal caso. Ma di questo vi parlerò domani.
Miria Burani ©