CASA CORNIOLA – Con gli orti naturali di Casa Corniola abbiamo ripreso l’atavica tradizione agreste dell’orto di famiglia.

Dopo un lungo e rigido inverno, in primavera, quando tutta la campagna si risvegliava, anche gli orti riprendevano nuova vita. Si zappava, si vangava, si seminava, si trapiantavano le piantine, si concimava e si toglievano le erbacce.

la tradizione dell'orto di famiglia
Iniziavano così i lavori del ciclo annuale, perchè nell’orto c’era sempre qualcosa da fare e da raccogliere e questo permetteva alle famiglie, anche a quelle più numerose, di sbarcare in qualche modo il lunario.

Fino a qualche decennio fa in tutte le case di campagna, ma anche in quelle di città dove c’era un giardino, non mancava mai un piccolo spazio dedicato alla coltivazioni di erbe aromatiche, verdure e qualche pianta da frutto. Anche in città coesisteva la tradizione dell’orto di famiglia
Sia in campagna che in città, intorno all’orto lavoravano un po’ tutti, soprattutto vecchi, donne e bambini e per questi ultimi non c’erano scuse o reclami riguardanti l’illegalità del lavoro minorile. Una volta cresciuti, però, gli stessi ragazzi potevano scegliere se continuare con “l’urtaia”, gli ortaggi dell’orto, o dedicarsi a “la pùlaia” ovvero al pollame.

la tradizione dell'orto di famiglia

E c’era anche il pollaio

Per il pollame c’era naturalmente il pollaio. E quando si parlava di pollame si comprendevano diversi pennuti: galline, galletti, capponi, anatre, oche, faraone, tacchini e persino qualche pavone.  Il pollaio serviva come ricovero della notte degli animali da cortile che però, durante il giorno si trovavano insieme a razzolare nell’aia contadina.
Direttore, supervisore incontrastato e amministratore unico di tutte le operazioni riguardanti l’orto e del pollaio era la rèzdora o arzdòra, ovvero la reggitrice. Ma di lei parleremo un’altra volta.

Miria Burani ©