SERRAMAZZONI (Modena) – Una sciarpa o un maglione, ma anche un berretto caldo o guanti morbidi, dal produttore, cioè l’alpaca, al consumatore, cioè ognuno di noi, si può.

C’è in realtà un intermediario ed è Silvia. Perchè è a Barbona di Sotto, a Serramazzoni, in provincia di Modena, che Silvia Zanoli, insieme al compagno Stefano, ha avviato quattro anni la sua attività agricola e alleva alpaca. Per Silvia, che ha sempre vissuto in città, ritornare sull’Appennino modenese, dove ha trascorso gran parte delle vacanze estive dai nonni, era sempre stato un sogno. Così, insieme a Stefano, si è trasferita in montagna e sui terreni di famiglia, circa quattro ettari coltivabili e tre ettari di bosco, ha avviato l’azienda agricola.

La fattoria degli animali

“L’idea è stata fin da subito di puntare su varie attività – ha detto Silvia – un po’ di tutto, anche se inizialmente l’indirizzo era prevalentemente sul comparto vegetale, frutta e ortaggi, ma poi sono arrivati gli animali, cani, gatti, un somaro, le pecore, le api ed infine gli alpaca”.

Gli alpaca di Barbona di Sotto, grandi occhioni dolci e un vello morbido e delicato, sono gli unici animali di questo genere presenti sull’Appennino modenese. Altri esemplari, ma sono pochissimi, si trovano in un paio di aziende della regione, ma restano comunque animali ancora poco conosciuti in Italia.

Arrivano gli alpaca dall’Inghilterra

“Avevamo già delle pecore – ha aggiunto Silvia – quando durante un viaggio abbiamo conosciuto gli alpaca, ce ne siamo innamorati e, dopo esserci bene informati e aver studiato approfonditamente l’argomento, abbiamo deciso di allevarli e abbiamo importato i primi sei esemplari, tre maschi e tre femmine, dall’Inghilterra”.

Ora (n.d.r. febbraio 2021) gli alpaca di Silvia si sono riprodotti e sono diventati 12 dei quali 4 cria, cioè cuccioli, che scritto nato a Serramazzoni sulla carta d’identità.

“Gli alpaca forniscono essenzialmente lana. La tosa avviene tra fine maggio e inizio giugno – ha spiegato Silvia – la lana cresce in base alla temperatura esterna. Nelle nostre zone è possibile fare solo una tosa. In climi più freddi anche due. La lana viene lavata, cardata, cioè pettinata passandola attraverso un rullo con pettini che sistema i peli nella stessa direzione; poi viene filata, con un filatorio che crea il filo. Lavoriamo poi questa lana al telaio o a ferri, per creare berretti, sciarpe o maglioni“.

Dall’alpaca al capo in lana

Un ciclo completo, dove si ripercorrono i gesti e si utilizzano gli strumenti di un tempo. Tutto è compiuto all’interno dell’azienda, dall’allevamento fino alla vendita del capo in lana.

“La lana degli alpaca è molto morbida – ha aggiunto Silvia – non contiene lanolina ed è quindi anallergica per sua stessa natura. Vendiamo questi capi in alcuni mercatini, ai quali partecipiano, oppure tramite il passaparola”.

I colori sono quelli naturali degli animali allevati, “abbiamo alpaca bianchi, neri e color cacao e con questi colori base ne componiamo tanti altri di tonalità differenti – ha spiegato – gli alpaca sono poi molto portati al trekking, sono ottimi camminatori, e per la pet terapy”.

Oltre agli alpaca, Silvia e Stefano allevano pecore, 14 capi di una varietà autoctona . “E’ una razza di pecore la cui lana ha una struttura che non si schiaccia – ha spiegato ancora Silvia – veniva usata dai nostri nonni per riempire i materassi. Anche noi con la lana delle nostre pecore, dopo averla lavata e cardata riempiamo qualche materasso o cuscino, ma soprattutto realizziamo tessuto di feltro attraverso un procedimento naturale nel quale si impiega solo acqua e sapone”. In pratica l’infeltrimento avviene con le stesse modalità con le quali inavvertitamente a volte, nelle nostre case, la mia compresa, i maglioni infeltriti escono dalla lavatrice dopo aver utilizzato programmi di lavaggio o temperature poco idonei, ma questa è un’altra storia.

Le foto di questa pagina sono del fotografo Diego Poluzzi ©

Miria Burani ©