Chi lo avrebbe mai detto: la caprese è Futurista. Questo classico dell’estate, che mi ricorda il mare, il sole e, con i suoi ingredienti: pomodoro, mozzarella e basilico, anche la Campania.

Ebbene sì, pare proprio che la caprese sia originaria dell’isola di Capri, dalla quale, appunto, prende il nome. Ma le sue vere origini, come del resto accade per la maggior parte dei piatti tradizionali delle varie regioni italiane, si perde tra storia e leggenda.

C’è chi dice che sia nata nel dopoguerra dal patriottismo di un muratore di Capri, il quale durante una pausa pranzo, mise insieme i colori della bandiera italiana, bianco rosso e verde unendo in un solo piatto mozzarella, pomodoro e basilico, tre ingredienti facilmente reperibili e piuttosto comuni sulle tavole della popolazione campana.

C’è anche chi indica le origini della caprese ben più lontane nel tempo e la assimila ad un’altra insalata mediterranea: l’insalata greca, che ancora oggi è preparata con verdure, un formaggio tipico, la feta, e aromatizzate con basilico e origano. In pratica la caprese non è altro che un’altra insalata mediterranea dove il pomodoro prende il posto delle verdure e la mozzarella quello della feta.

E poi c’è la storia, o leggenda, della caprese di Filippo Tommaso Marinetti.

Marinetti, chi era costui

Filippo Tommaso Marinetti, vissuto tra il 1876 e il 1944, è stato poeta, scrittore, drammaturgo, ma soprattutto è stato il fondatore del movimento futurista, la prima avanguardia storica italiana del Novecento, una delle prime avanguardie europee.

Filippo Tommaso Marinetti

Ebbe anche un importante influenza su movimenti analoghi che si svilupparono in altri Paesi dell’Europa, come la Francia, in Russia, negli Stati Uniti e in Asia. Il Futurismo si addentrò in ogni forma di espressione, dalla pittura alla scultura, dalla letteratura al teatro, alla musica, all’architettura, toccando anche danza, fotografia, cinema e persino la gastronomia.

Proprio in campo gastronomico vennero proposti per la prima volta piatti con abbinamenti futuristi, come le aringhe e la gelatina di fragola o9 il filetto di montone e salsa di gamberi.

Su questa nuova spinta ideologica e culinaria, Marinetti pubblicò nel 1931 il Manifesto della cucina futurista, all’interno del quale erano contenute le principali linee ideologiche per un nuovo tipo di cucina, arricchita di atmosfere ricercate e nella quale i piatti venivano abbinati a versi, musiche e profumi.

Veniva consigliato di abolire la pasta, insieme alla forchetta, al coltello e ai condimenti tradizionali.

“La cucina futurista – scriveva Marinetti – sarà liberata dalla vecchia ossessione del volume e del peso e avrà, per uno dei suoi principi, l’abolizione della pastasciutta. La pastasciutta, per quanto gradita al palato, è una vivanda passatista perché appesantisce, abbrutisce, illude sulla sua capacità nutritiva, rende scettici, lenti, pessimisti. È d’altra parte patriottico favorire in sostituzione il riso”.

pomodoro, mozzarella e basilico, i tre ingredienti tricolori della caprese

Marinetti e la caprese futurista

Era il settembre 1926. Filippo Maria Marinetti era a Capri, presente quale relatore in un convegno “… per la difesa del paesaggio”.

Nel corso di un pranzo, lo chef dell’Hotel Quisisana, ben conoscendo l’ostilità dell’ideologo del Futurismo per la pasta, propose la Caprese per la prima volta presente nel menù.

Marinetti ne fu entusiasta.

A me piace pensare che sia questa la storia vera o quanto meno che, in questa occasione, un piatto popolare presente nelle case della gente comune abbia così, per la prima volta, raggiunto le vette nobilitanti dell’alta ristorazione.

Enjoy !

Miria Burani ©