BOLOGNA – Si dice che quando piove si possa passeggiare a Bologna anche senza ombrello, grazie alla considerevole presenza di portici che costeggiano sia le strade principali che le stradine secondarie.

I portici di Bologna sono un patrimonio storico ed artistico, unico nel loro genere e dal 28 luglio 2021 sono ufficialmente patrimonio storico dell’Unesco.

La loro origine risale probabilmente all’Alto Medioevo, ma a quel tempo, costituivano quello che oggi potremmo definire una sorta di abuso edilizio.

Inizialmente, furono infatti costruiti come sporgenze in  legno per ampliare i piani superiori delle case. La città aveva bisogno di nuovi e più numerosi spazi abitativi, soprattutto a seguito dell’istituzione della prima Università, che attirava in città numerose persone provenienti da ogni parte d’Europa.

Col tempo divennero poi così, come li conosciamo oggi, ovvero una parte dell’edilizia urbana che offre riparo dalle intemperie e dal sole, ma anche un elemento architettonico che permette di rendere più abitabili i locali situati al piano terra di case e palazzi.

Questa funzione di servizio consentì l’espansione di attività commerciali e artigiane in tutto il centro cittadino e, col passare del tempo, Bologna non riuscì più a farne a meno. Tanto che nel 1288, un bando del Comune stabilì che tutte le nuove case dovessero essere dotate di portici e che quelle già esistenti dovessero aggiungerlo.

portici via Indipendenza

In pochi anni la proliferazione dei portici fu considerevole, nonostante che la loro realizzazione fosse a carico dei privati, ma che il Comune si riservasse il diritto di mantenerli come suolo pubblico.

Secondo le direttive dell’epoca, i portici dovevano essere larghi e alti non meno di 7 piedi bolognesi, pari a 2,66 metri, per consentire il passaggio di un uomo a cavallo. Queste misure vennero poi aumentate e a partire dal 1352 l’altezza e la larghezza raggiunsero i 10 piedi bolognesi, cioè 3,60 metri, anche se queste dimensioni vennero sempre rispettate.

In totale, i portici di Bologna costituiscono un percorso pedonale di quasi 40 chilometri, che arriva a 53 chilometri se si possono anche i tracciati fuori porta. Il profilo architettonico è molto vario e segue le diverse epoche, con portici in legno, marmo o cotto, spartani o decorati, a seconda della zona e della storia del luogo.

Se esci di casa non portare l’ombrello

In totale, i portici di Bologna costituiscono un percorso pedonale di quasi 40 chilometri, che arriva a 53 chilometri se si contano anche i tracciati fuori porta. Il profilo architettonico è molto vario e segue le diverse epoche, con portici in legno, marmo o cotto, spartani o decorati, a seconda della zona e della storia del luogo.

Il portico più famoso e lungo è quello di San Luca, che va da Porta Saragozza all’Arco del Meloncello, per poi proseguire e terminare dopo quasi 4 chilometri e 666 archi in cima al Monte della Guardia, dove si trova il Santuario della Madonnina di San Luca.

Ma perchè proprio 666? Qui si passa dalla storia alla leggenda, perchè 666 è il ‘numero della bestia’ è considerato un simbolo demoniaco, alcuni sostengono che il percorso che porta al santuario rappresenti il serpente, quindi il demonio, schiacciato e sconfitto dalla madonna, quella di San Luca naturalmente.

Altri invece sostengono che il 28 giugno 1674, giorno in cui fu posata la prima pietra, il sole era in congiunzione con Plutone ovvero il pianeta del dio degli inferi.

Ma questa è solo la leggenda, perchè sul conteggio delle arcate ci sono varie correnti di pensiero, a seconda dei vari criteri adottati per la numerazione.

Ad esempio l’arco Bonaccorsi, il primo che si incontra in via Saragozza, deve vienire incluso o escluso dal conteggio?

Gli archi del porticato davanti all’ingresso della Chiesa sono “archi del portico di S.Luca” o archi della chiesa?

Gli archi rifatti a seguito dell’apertura di nuove strade, vengono contati o sono dati per persi?

Io sinceramente ho mai contato i portici di San Luca, perchè non ci provate voi e poi ci fate sapere qual’è il vostro risultato?

Miria Burani ©